L’Haka nel rugby
L’introduzione dell’Haka nel rugby è ormai una tradizione consolidata da decenni.
Già nel 1888 si registra la prima testimonianza di questa danza in gare di livello internazionale,
per quanto non ufficiali. Fu il giocatore neozelandese Joseph Warbrick a organizzare un tour per
la selezione di nativi neozelandesi, chiamata “1888–89 New Zealand Native football team”, in
vari paesi tra i quali Gran Bretagna, Irlanda, Australia e Nuova Zelanda.
Fu questa squadra, composta sia da Maori sia da nativi neozelandesi di pelle bianca, detti
Pākehā, a intonare per la prima volta l’Haka.
Da allora l’Haka è entrato nella tradizione delle gare di rugby: nel 1905 venne intonato per la
prima volta dalla nazionale ufficiale e per la prima volta venne utilizzato l’appellativo di All
Blacks, grazie alla divisa completamente nera.
I vari tipi di Haka nel rugby
Non esiste un solo tipo di Haka, ma ne sono utilizzati diversi, di cui uno creato dagli All Blacks
stessi:
• Ka Mate: è l’Haka più classico, quello che gli All Blacks intonano subito dopo l’esecuzione
degli inni nazionali. È un Haka intenso con una mimica particolarmente vigorosa. È
piuttosto breve e trasmette forza ma anche senso di libertà e di appartenenza. Non sarebbe,
infatti, una danza di guerra, come invece si pensa normalmente, anche perché non vengono
usate armi.
• Peruperu: questa è una variante che farebbe riferimento alla guerra, come dimostrato dalla
presenza di armi. La sua caratteristica principale, oltre alle armi, è quella di essere costituita
da numerosi saltelli in alto con le gambe che si piegano all’indietro. In alcune esibizioni gli
All Blacks aggiungono al Ka Mate un salto conclusivo che prende spunto da questa Haka.
• Kapa o Pango: gli All Blacks lo hanno inventato per usarla nelle loro gare e per cerimonie
speciali. Scritta nel 2005, è stata progettata a tavolino, non senza però darle una credibilità:
infatti sono stati interpellati studiosi della cultura e delle tradizioni maori per renderla più
verosimile possibile. A dire il vero, non sostituisce la Ka Mate, ma la completa inserendo
parole e gesti che hanno maggior attinenza con il rugby e che intimoriscono gli avversari.
• Tena Koe Kangaroo: è un Haka utilizzato per la prima volta nel tour australiano della
nazionale neozelandese nel luglio del 1903. Le parole fanno ironicamente riferimento ai
canguri: “Stai attento, canguro! La Nuova Zelanda ti invade. Peggio per te!”
• Ko Niu Tireni: questo Haka, detto “Haka degli invincibili”, venne intonato dagli All Blacks
nel tour degli anni 1924-25, che si svolse in Gran Bretagna, Irlanda e Francia.
I gesti e le parole dell’Haka
Il senso celebrativo dell’Haka si concentra nel sentimento interiore di chi esegue questa danza.
Spesso alcuni interpreti hanno specificato che il loro intento non era tanto rivolto a spaventare
l’avversario, quanto a recuperare una autocoscienza in grado di dare forza a loro stessi.
Energia e forza, quindi, ma anche consapevolezza del gruppo, senso di appartenenza, libertà e
gioia.
La mimica utilizzata e le parole scelte scatenano tutta la potenza del loro significato. Il corpo si
apre e prende consapevolezza di sé: è per questo che gli occhi si aprono e, talvolta roteano; i
denti si mostrano e stridono; la lingua esce dalla sua sede naturale e si mostra in tutta la sua
unghezza. Gli arti poi, si piegano in una sorta di ginnastica tribale che libera tutto il coraggio
guerriero: si battono gli avambracci, si percuote il petto, le gambe possono passare da una
posizione ferma e ben piantata a piegarsi o a saltare.
In realtà, il corpo si fa strumento e permette di creare una sorta di musica ritmata che si
accompagna alle parole. Il ritmo, poi, è fondamentale: favorisce uno schema ordinato ed eseguito
all’unisono, senza dare la sensazione di ingabbiare la libertà personale, anzi stimolandola.
Ecco che le parole del Ka Mate assumono un significato ancora più profondo: gli incitamenti a
battere le mani contro le gambe, a muoversi e a sbattere i piedi (“Batti le mani contro le cosce /
Piega le ginocchia / Sbatti i piedi più forte che puoi֨”), sono seguiti dal richiamo alla morte e alla
vita, che sono parte dell’esistenza di tutti (“È la morte, è la morte! / È la vita, è la vita!”). Ma alla
fine c’è posto per la gioia e per affrontare le difficoltà con coraggio: “Ancora uno scalino, ancora
uno scalino, un altro / fino in alto, il sole splende!”.
Vi diamo appuntamento alla prossima curiosità!!!!!!!!!
Grande Maestro Luca
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